Archivi del mese: ottobre 2010

w il nano da giardino

Penso che ci sia un’arte, prima di tutto, prima di tutte le forme d’arte che l’uomo ha inventato attraverso
le traduzioni formali,  disegni, performance, danze,  segni o movimenti che è quella del ‘cuore’ (uf ho scritto veramente cuore?!) , qualcuno dice dell’amore, qualcun altro dell’emozione, altri  della pancia o del 7° chackra e altri ancora della Verità.
 
Si può cercare la forma per anni e anni, tradurla in un’espressione artistica o  non cercarla per niente e non accorgersi per tutta la tua vita terrena di avere un’indole artistica ma l’importante è essere Veri. (Scontato? Banale? mah…ne siamo sicuri?). Non significa sinceri, coerenti o emotivi (drammatici…maliconici…euforici) ma Veri. Sentendo le proprie emozioni e comunicandole, trasmettendole.

Non voglio consacrare l’Arte al sociale (settore indefinito e difficilmente spiegabile) nel significato di ‘appartenenza a…’ quindi verso l’altro  in tutto e per tutto ma credo che questa sia la differenza
tra l’artista che vive guardando il proprio ombelico (che probabilmente nella nostra società e anche in epoche passate
è riuscito o riesce a sfondare e ad aver successo) e l’artista che scopre e cerca la verità e che con verità comunica. Quello che non ha bisogno di essere fumato per creare o ritenersi un artista, quello che non hai bisogno di andare
in giro con una maglietta con scritto ‘artista’ perchè tutti lo riconoscano.  Semplicemente quello che (e ce ne sono tanti! tantissimi!)  si muove, si relaziona, affronta ogni tuo attimo con arte lasciando che tutto fluisca e si manifesti.

Che forma prenda non importa,  interessa solo che non ci si scolli dal proprio sentire, che nulla impedisca di perdere questo contatto.  Da lì tutto prende senso e trova pace. 
Persino quando questo significa, all’estremo,  sacrificare una quotidianità fatta di un’apparente sicurezza, o  la costruzione di un ideale incollato come una maschera al silicone, per scoprire e per scoprirsi. Ne vale la pena.

Altrimenti (grazie Amelie!) tanto meglio consacrare la propria vita ad un nano da giardino.

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le cose che servono

“Come il giorno e la notte la regola e il caso sono due contrari (…) La regola da sola è monotona/il caso da solo rende inquieti./Gli orientali dicono: La perfezione è bella ma è stupida/bisogna conoscerla ma romperla./La combinazione tra regola e caso è la vita, è l’arte/ è la fantasia, è l’equilibrio. “

I bambini sanno riconoscere i colori dell’autunno, sanno che ad ottobre si raccolgono le castagne, che le foglie cadono, che dopo poco forse ci sarà la neve e arriverà Babbo Natale, che la pioggia serve a bagnare la terra, che danzando nell’aia ci si scalda anche quando fa freddo, che per fare un albero ci vuole il legno, che mangiare in compagnia è più bello che dasoli e che per divertirsi serve davvero poco,  cosa altro c’è da sapere di importante?

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e gli orizzonti perduti non ritornano mai

ne abbiamo avute di occasioni perdendole…

Sì me le cerco perchè è sabato, non solo, aggiungerei per la precisione sabato sera e sto lavorando da tutto il giorno e magari se non ascoltassi Battiato mentre cerco di inventare una grafica che metta insieme mongolfiere, cibi e santi magari aiuterebbe. Eppure in questo quadretto la ragazza col bicchiere d’acqua in mano (con le 200 gocce di erbe magggiche) continua a cantarsela e a ballarsela da sola, nonostante tutto!

In una sola settimana si è beccata un virus malefico nel pc che ha rallentato il lavoro da recuperare ad orari non così lavorativi, si è allagato il bagno per colpa di una piletta (manco sapeva che si chiamaesse piletta uno stupido tappo della doccia che tiene una guarnizione), è passata da educatrice ad esperta in alberi giganti fino ad allestitore con trapano e martello di 2kg in mano, ha ascoltato ben 3 persone dirle che la trovavano ingrassata, un bambino di 12 anni affermare che la sua vita sociale non è un granchè e la persona con cui pensava di passare la sua vecchiaia sostenere di non poter stare nella stessa stanza per più di mezzora alla volta con lei ma lei se ne sta lì col suo bicchiere di acqua in mano.

Renoir quante ne sapevi!

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nel Sole della Solitudine

Nel Sole della Solitudine ci sono le domeniche sere passate a fare il  pm perchè almeno è utile, quelle in cui ceni con gallette di riso e cioccolato perchè quando cucinavi anche per altri aveva più senso tutto quello spreco di pentole da lavare e tempo ad inventare ricette mai esplorate.

Nel Sole della Solitudine c’è la Milano-Venezia sotto la pioggia e le lacrime che sfumano i fari della coda dei rientri nella ciminiera, la pioggia delle gocce che senti ad una ad una fare un rumore fracassante in un sottotetto di 40 mq.

Nel Sole della Solitudine c’è la mano della nonna che cerca di sentire il battito di Francesco in pancia e la stretta in gola, ormai troppe volte provata, per non avercela fatta a tener duro e ad essere come tutti gli altri, quelli che la domenica forse si annoiano dei pranzi coi parenti e del divano a partita e pizza formato famiglia ma che di certo non fanno conteggi ore.

Nel Sole della Solitudine ci sta dover chiedere, telefonare, organizzarsi, riuscire a vedere Celestini al cinema e non in dvd a casa tra 4 mesi, esserci per davvero quando sei in mezzo alla gente, stare lì.

Nel Sole della Solitudine ci sta un anno e mezzo di cose che non bastano mai, ci sta scoprire che ci si sente meno soli a Parigi dove non hai nulla e nessuno che a Milano dove pensavi di aver tutto (bella scoperta dice mia sorella con la concretezza della terre delle pannocchie…io non lo sapevo però!). Sarà solo perchè al Sole della Solitudine non hai nessuno a cui chiedere il 3 verticale da 5 lettere? O perchè non sapevi di essere un tipo da settimana enigmistica?

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le cose che re-incontri

La mia companera di avventure preferita dice che dovrei aggiornare questo blog più spesso ma il fatto che sia nato la notte prima di partire per  Parigi e che adesso mi ritrovi  sospesa nella mia ciminiera di finta residenza mi impressiona ogni volta che riapro queste pagine.  Non che non ci siano cose da scrivere…tutt’altro, fa solo un pò impressione scrivere dal divano di questa casa  (che finalmente ho ricoperto e non è più di pelle umana arancione) e non dalla poltrona antica di Ramey.  Questo fine settimana poi è ancora più strano, ha avuto un ritmo così lento che quasi non mi riconosco. Anche qui, non che non sia stato pieno – ho persino finalmente partecipato con la mia operetta ‘Milano delle Meraviglie’ ad un concorso di grafica- ma tutto ha i ritmi dei reincontri e a chi corre veloce pensarsi nello stesso livello del videogioco fa un pò impressione, ecco.  

All’ Osservatorio Figurale ho ricominciato a disegnare ‘i nudi’ come li chiama mia nonna, ho ripreso contatto con la trance che riesce a darmi il disegno…2 ore lontano da tutto e da tutti…dovrò pubblicare qualche risultato qui perchè stavolta lo vedo tanto chiaramente.

Alla Propatria ho ricominciato gli allenamenti di scherma, tentennando come sempre ma senza fare l’iscrizione annuale…meno male che me lo hanno permesso.

A Dergano ho reincontrato i fantasmi del passato in una scena che manco in sliding doors l’avrebbe scritta così bene…e meno male che sono una donna ironica e che cammino col coltello tra i denti.

Eppure, anche a passi di autostima,  a Milano fa freddo peggio che sul pont Marie alle 2 e mezza di notte.

 

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un mese dal rientro

sembra già passato un anno…Paul me lo aveva detto, mi aveva dato una deadline precisa per tradurre il mio cv in francese e per non farmi rinchiodare dalla routine. Saggio il mio Paul. Mi conosce. Non so ancora dire se mi sto facendo incastrare di nuovo dalla quotidianità ma quando Parigi ti entra dentro è difficile scindere e ricalibrare. Forse non è nemmeno Parigi ma è finalmente solo ed esclusivamente la leggerezza dell’essere, che quando impari e tocchi con mano non ti abbandona più.

In questo nuovo mese milanese posso tracciare solo pochi segni. O forse sono già troppi. Tocco con mano la delusione di un paese dove tentare di far cultura e vivere di bellezza è sempre più difficile e per pochi, pochissimi. Tocco con mano la disillusione della mia generazione e la scarsa prospettiva per quella futura e questo non fa altro che riportarmi al senso di vivere il MIO tempo così ma non finisco di farmi stupire da ogni attimo, ogni minuto, ogni secondo.

ma casa dov'è?

 

Quanto tempo voglio impiegarci ancora?

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