Penso che ci sia un’arte, prima di tutto, prima di tutte le forme d’arte che l’uomo ha inventato attraverso
le traduzioni formali, disegni, performance, danze, segni o movimenti che è quella del ‘cuore’ (uf ho scritto veramente cuore?!) , qualcuno dice dell’amore, qualcun altro dell’emozione, altri della pancia o del 7° chackra e altri ancora della Verità.
Si può cercare la forma per anni e anni, tradurla in un’espressione artistica o non cercarla per niente e non accorgersi per tutta la tua vita terrena di avere un’indole artistica ma l’importante è essere Veri. (Scontato? Banale? mah…ne siamo sicuri?). Non significa sinceri, coerenti o emotivi (drammatici…maliconici…euforici) ma Veri. Sentendo le proprie emozioni e comunicandole, trasmettendole.
Non voglio consacrare l’Arte al sociale (settore indefinito e difficilmente spiegabile) nel significato di ‘appartenenza a…’ quindi verso l’altro in tutto e per tutto ma credo che questa sia la differenza
tra l’artista che vive guardando il proprio ombelico (che probabilmente nella nostra società e anche in epoche passate
è riuscito o riesce a sfondare e ad aver successo) e l’artista che scopre e cerca la verità e che con verità comunica. Quello che non ha bisogno di essere fumato per creare o ritenersi un artista, quello che non hai bisogno di andare
in giro con una maglietta con scritto ‘artista’ perchè tutti lo riconoscano. Semplicemente quello che (e ce ne sono tanti! tantissimi!) si muove, si relaziona, affronta ogni tuo attimo con arte lasciando che tutto fluisca e si manifesti.
Che forma prenda non importa, interessa solo che non ci si scolli dal proprio sentire, che nulla impedisca di perdere questo contatto. Da lì tutto prende senso e trova pace.
Persino quando questo significa, all’estremo, sacrificare una quotidianità fatta di un’apparente sicurezza, o la costruzione di un ideale incollato come una maschera al silicone, per scoprire e per scoprirsi. Ne vale la pena.
Altrimenti (grazie Amelie!) tanto meglio consacrare la propria vita ad un nano da giardino.